Tullio de Padua – Ariano Irpino Informazioni & Risposte

Tullio de Padua – Ariano Irpino
compensi professionali da corrispondere a titolo di onorari ai dipendenti comunali appartenenti all’Avvocatura interna,

INCENTIVO PROGETTAZIONELe Sezioni Riunite, pronunciandosi -oltre che sull’art. 92, comma 5, dlgs 163/2006- sul disposto dell’art. 1, comma 208, l. 266/2005 (a mente del quale le somme finalizzate alla corresponsione di compensi professionali dovuti al personale dell’Avvocatura interna delle pubbliche amministrazioni sulla base di specifiche disposizioni contrattuali sono da considerare comprensive degli oneri riflessi a carico del datore di lavoro), hanno precisato che l’espressione “oneri riflessi”, contenuta nella disposizione, non comprende l’IRAP che costituisce un onere fiscale a carico esclusivo dell’amministrazione.


In particolare, 
le Sezioni Riunite osservano che “…..anche l’interpretazione sistematica delle disposizioni all’esame è confermativa della soluzione che esclude la riconducibilità dell’IRAP nell’ambito degli “oneri riflessi”. Sia la Corte dei conti (nelle deliberazioni citate), che il Consiglio di Stato (adunanza plenaria sent. n. 32 del 1994) ritengono che i compensi professionali da corrispondere a titolo di onorari ai dipendenti comunali appartenenti all’Avvocatura interna, oltre che al personale tecnico, costituiscono parte della retribuzione; sicché, per detti soggetti, non si realizzano i presupposti per l’applicazione dell’IRAP, dato che tali soggetti sono privi di autonoma organizzazione….Infatti, il presupposto impositivo dell’IRAP si realizza in capo all’ente che eroga il compenso di lavoro dipendente, il quale rappresenta il soggetto passivo dell’imposta, cioè colui che, nella valutazione del legislatore, in quanto titolare di detta organizzazione è tenuto a concorrere alle spese pubbliche, ai fini di detto tributo; conseguentemente l’onere fiscale non può gravare sul lavoratore dipendente in relazione a compensi di natura retributiva (Agenzia delle Entrate, Risoluzione n. 123/E del 02.04.2008) bensì unicamente sul datore di lavoro”.
Come osservato dalla Sezione regionale per il controllo per l’Umbria, “
Il principio di diritto affermato dalla SS.RR. comporta, pertanto, che l’inclusione dell’Irap nel fondo disponibile per il pagamento delle competenze all’avvocatura interna rappresenta un fatto puramente contabile che non incide assolutamente sulla liquidazione dei compensi professionali. Ciò nel senso che non vi è alcuna decurtazione dei compensi professionali degli avvocati interni, semmai una riduzione (a monte), e in proporzione all’ammontare Irap, delle risorse che, in base alla regolamentazione interna, sono distribuibili tra detti dipendenti a titolo di compensi professionali. E’ quanto stabilito dalle SS.RR nella deliberazione anzi citata, laddove si osserva che “le disponibilità di bilancio da destinare ai “fondi” da ripartire non possono che essere quantificate al netto delle somme destinate (o destinabili) a coprire gli oneri che gravano sull’amministrazione a titolo di Irap, poiché, diversamente, una discorde interpretazione confliggerebbe non solo con il chiaro disposto delle richiamate disposizioni, ma anche con il principio di copertura degli oneri finanziari (art. 81, quarto comma, Cost.).
Di conseguenza: “
nel calcolo del fondo di incentivazione destinato (o destinabile) agli avvocati interni deve tenersi conto anche della relativa quota IRAP, il cui importo l’Amministrazione sarà tenuto ad accantonare per far fronte agli obblighi tributari…… Invero, il preventivo accantonamento, nell’ambito del fondo di incentivazione, delle somme dovute dall’ente datore di lavoro per far fronte agli obblighi tributari (ivi compresa l’Irap) relativi ai compensi professionali spettanti agli avvocati interni, comporta il divieto di operare qualsiasi trattenuta (per la quota dovuta dall’ente a titolo di Irap o di altri tributi) in sede di liquidazione dei compensi medesimi, avendo l’ente già garantito adeguata copertura finanziaria agli obblighi in questione, che pertanto gravano definitivamente sul bilancio dell’ente.”
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Il Sindaco del Comune di Bari formula un articolato parere in merito ai compensi professionali ed alle spese di trasferta spettanti agli avvocati civici, in applicazione delle disposizioni di cui all’art. 1, comma 457, l. 147/2013 ed all’art. 6, comma 12, l. 78/2010 conv. in l. 122/2010, nonché in merito all’assoggettamento dei menzionati compensi ai vincoli di cui agli artt. 1, comma 557, l. 296/2006 e 9, comma 2-bis, d.l. 78/2010 conv. in l. 122/2010.
In particolare, il Sindaco formula i seguenti quesiti:
1) se, in relazione alla disposizione di cui all’art. 1, comma 457, l. 147/2013 (a mente della quale “A decorrere dal 01.01.2014 e fino al 31.12.2016, i compensi professionali liquidati, esclusi, nella misura del 50 per cento, quelli a carico della controparte, a seguito di sentenza favorevole per le pubbliche amministrazioni ai sensi del regio decreto-legge 27.11.1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22.01.1934, n. 36, o di altre analoghe disposizioni legislative o contrattuali, in favore dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30.03.2001, n. 165, e successive modificazioni, ivi incluso il personale dell’Avvocatura dello Stato, sono corrisposti nella misura del 75 per cento. Le somme provenienti dalle riduzioni di spesa di cui al presente comma sono versate annualmente dagli enti e dalle amministrazioni dotate di autonomia finanziaria ad apposito capitolo di bilancio dello Stato. La disposizione di cui al precedente periodo non si applica agli enti territoriali e agli enti, di competenza regionale o delle province autonome di Trento e di Bolzano, del Servizio sanitario nazionale”) la decurtazione ivi prevista vada operata con il criterio della competenza finanziaria, sui compensi che, nel triennio 2014-2016, verranno a scadenza e saranno liquidati dall’amministrazione comunale con proprio atto deliberativo, in base ai presupposti di cui agli artt. 37 CCNL 23.12.1999 e 27 CCNL 14.09.2000 ed al Regolamento Comunale sui compensi professionali ai legali in servizio presso l’avvocatura (deliberazioni di G.C. n. 403 del 15.05.2003 e n. 86 del 09.02.2006) oppure se il termine “liquidati” contenuto nel testo normativo vada inteso con riferimento al provvedimento giudiziale, con la conseguenza che la norma si applicherebbe solo ai compensi liquidati dal giudice in base a sentenze depositate dopo il 01.01.2014.
Chiede, altresì, se le somme provenienti dalle riduzioni di spesa derivati dalla disposizione in esame possano confluire nel fondo per il trattamento accessorio per il personale dipendente, analogamente a quanto previsto dall’art. 61, co. 9, d.l. 112/2008 (collaudi ed arbitrati) oppure tali somme debbano essere acquisite al bilancio comunale, in analogia alla disciplina dettata per il bilancio dello Stato.
Chiede, infine, se l’onere per il pagamento dell’IRAP afferente ai compensi per gli avvocati interni debba essere finanziato a valere sui compensi liquidati dal giudice, non potendo costituire un onere aggiuntivo per l’ente, oppure debba calcolarsi sui compensi liquidati dal giudice e, quindi, con onere a carico dell’Ente;
2) se, in relazione al disposto dell’art. 6, comma 12, d.l. 78/2010 (“A decorrere dall’anno 2011 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell’articolo 1 della legge 31.12.2009, n. 196, incluse le autorità indipendenti, non possono effettuare spese per missioni, anche all’estero, con esclusione delle missioni internazionali di pace e delle Forze armate, delle missioni delle forze di polizia e dei vigili del fuoco, del personale di magistratura, nonché di quelle strettamente connesse ad accordi internazionali ovvero indispensabili per assicurare la partecipazione a riunioni presso enti e organismi internazionali o comunitari, nonché con investitori istituzionali necessari alla gestione del debito pubblico, per un ammontare superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2009. Gli atti e i contratti posti in essere in violazione della disposizione contenuta nel primo periodo del presente comma costituiscono illecito disciplinare e determinano responsabilità erariale. Il limite di spesa stabilito dal presente comma può essere superato in casi eccezionali, previa adozione di un motivato provvedimento adottato dall’organo di vertice dell’amministrazione, da comunicare preventivamente agli organi di controllo ed agli organi di revisione dell’ente”) le spese di trasferta degli avvocati civici per la difesa delle dell’amministrazione comunale presso i vari distretti di Corte d’Appello abbiano natura giuridica di “spese di missione” con assoggettamento al limite di cui all’art. 6, co. 12 oppure, trattandosi di spese obbligatorie da assumere per la regolare costituzione in giudizio e patrocinio dell’Ente, possano essere considerati oneri e spese accessorie per l’attività professionale svolta e, di conseguenza, suscettibili di essere disciplinate (sul piano di limiti, presupposti e modalità di liquidazione) dal Regolamento Comunale sui compensi professionali ai legali in servizio presso l’avvocatura con assimilazione contabile alle spese di lite;
3) se, in relazione al disposto dell’art. 1, comma 557, l. 296/2006 (“Ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, gli enti sottoposti al patto di stabilità interno assicurano la riduzione delle spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell’IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, garantendo il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale, con azioni da modulare nell’ambito della propria autonomia e rivolte, in termini di principio, ai seguenti ambiti prioritari di intervento: a) riduzione dell’incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti, attraverso parziale reintegrazione dei cessati e contenimento della spesa per il lavoro flessibile; b) razionalizzazione e snellimento delle strutture burocratico-amministrative, anche attraverso accorpamenti di uffici con l’obiettivo di ridurre l’incidenza percentuale delle posizioni dirigenziali in organici; c) contenimento delle dinamiche di crescita della contrattazione integrativa, tenuto anche conto delle corrispondenti disposizioni dettate per le amministrazioni statali”) gli incentivi professionali ex art. 27 CCNL 23.12.1999 e art. 37 CCNL 14.09.2000 siano da escludere totalmente dal computo ai fini del tetto di spesa del personale oppure, essendo spese autofinanziate solo quelle derivati da cause con vittoria di spese a carico della controparte, nel calcolo della spesa del personale vadano escluse solo queste ultime, mentre vi dovrebbero rientrare i compensi dovuti con riferimento a sentenze favorevoli con spese compensate, essendo queste a carico dell’Ente;
4) se, in relazione al disposto dell’art. 9, comma 2-bis, d.l. 78/10 conv. il l. 122/2010 (“A decorrere dal 01.01.2011 e sino al 31.12.2014 l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30.03.2001, n. 165, non può superare il corrispondente importo dell’anno 2010 ed è, comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio”) nel calcolo del limite del fondo per la contrattazione integrativa, siano da escludere totalmente i compensi dovuti all’avvocatura interna oppure l’esclusione vada circoscritta ai soli compensi derivati da cause con vittoria di spese a carico della controparte, trattandosi di spese eterofinanziate, mentre rimangono a carico del bilancio dell’Ente i compensi relativi a sentenze favorevoli con compensazione di spese.

Passando al merito della richiesta, il Comune istante pone una serie di questioni relative all’interpretazione di alcune disposizioni che dettano vincoli e limiti in materia di compensi professionali spettanti all’avvocatura interna e, più in generale, vincoli e limiti in materia di spesa del personale.
Con il primo quesito, l’Ente chiede se la decurtazione prevista dall’art. 1, comma 457, l. 147/2013 (legge di stabilità 2014) operi con riferimento ai compensi che, nel triennio 2014-2016, verranno a scadenza e saranno liquidati dall’amministrazione comunale con proprio atto deliberativo -sulla base di quanto previsto dagli artt. 37 CCNL 23.12.1999 (area dirigenza) e 27 CCNL 14.09.2000 (personale del comparto) nonché dal regolamento comunale sui compensi professionali ai legali dell’avvocatura interna (deliberazioni di GC n. 403 del 15.03.2003 e n. 86 del 9.02.2006)- oppure operi con riferimento ai compensi liquidati dal giudice in base a sentenze depositate successivamente all’entrata in vigore della disposizione.
L’art. 1, comma 457, legge di stabilità 2014 prevede, in un’ottica di risparmio di spesa, che, per il triennio 2014-2016, le amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, d.lgs. 165/2001, dotate di personale di avvocatura interna, corrispondano nella misura del 75% “i compensi professionali liquidati, esclusi, nella misura del 50%, quelli a carico della controparte, a seguito di sentenza favorevole per le pubbliche amministrazioni ai sensi del regio decreto-legge 27.11.1933 n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22.01.1934 n. 36, o di altre analoghe disposizioni legislative o contrattuali”.
La disposizione prevede, altresì, che “Le somme provenienti dalle riduzioni di spesa di cui al presente comma sono versate annualmente dagli enti e dalle amministrazioni dotate di autonomia finanziaria ad apposito capitolo di bilancio dello Stato”. Quest’ultima disposizione ha un ambito si applicazione espressamente circoscritto alle sole amministrazioni statali, essendo previsto che “La disposizione di cui al precedente periodo non si applica agli enti territoriali e agli enti, di competenza regionale o delle province autonome di Trento e di Bolzano, del Servizio sanitario nazionale”.
Ciò posto, in via preliminare occorre precisare che il rinvio, contenuto nella disposizione in esame, alla legge 22.01.1934 n. 36 deve essere inteso come relativo alla nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense, introdotta con legge del 31.12.2012 n. 247, in vigore dall’01.02.2013 (a cui si affiancano l’abrogazione del sistema tariffario di determinazione dei compensi dell’avvocatura operata con d.l. 24.01.2012 n. 1 conv. in l. 24.03.2012 n. 27 nonché la previsione introdotta con d.m. 140/2012 di determinazione dei parametri per la liquidazione giudiziale dei compensi), trattandosi di un rinvio c.d. “mobile” o “recettizio”, come si desume dal riferimento alle altre “analoghe disposizioni legislative e contrattuali” che appalesa l’intenzione del legislatore di richiamarsi non tanto e non solo al singolo testo di legge, ma all’intero corpus disciplinante l’ordinamento della professione forense.
Passando all’esame del quesito avanzato dal Comune, la disposizione in esame è suscettibile di due diverse interpretazioni, potendo il termine “liquidati” essere riferito sia ai compensi professionali pagati dall’amministrazione nel triennio di interesse (01.01.2014-31.12.2016), a prescindere dalla data di deposito della sentenza favorevole (e, quindi, anche in relazione a sentenze pubblicate prima dell’entrata in vigore della legge),sia ai compensi liquidati dal giudice nell’arco triennale di riferimento, con la conseguenza che- stante l’irretroattività della disposizione ai sensi dell’art. 11 disp. prel. c.c. – rimarrebbero esclusi dalla decurtazione le somme dovute in base a sentenza depositate prima del 01.01.2014.
A parere di questa Sezione, in assenza di espresse indicazioni legislative, l’interpretazione preferibile è quella che ancora il termine “liquidati” al provvedimento giudiziale, atteso che spetta al giudice il potere di liquidazione delle spese in sentenza, mentre l’amministrazione procede alla corresponsione delle somme già in precedenza liquidate. A norma dell’art 91 c.p.c., infatti, “Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa”, mentre, in base al disposto del successivo art. 92 c.p.c. “Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti”.
La liquidazione delle spese processuali, così come la compensazione delle stesse, è espressione di un potere discrezionale del giudice, insindacabile in sede di legittimità, salvo i casi di violazione del principio della soccombenza (cfr., tra le altre, Cass., sez. VI, ord. 7654/2013, Cass., sez I, n. 14542/2011 e C.d.S, sez. VI ,n. 7581/2005, secondo cui la statuizione del giudice prime cure sulle spese sulle spese e sugli onorari di giudizio costituisce espressione di un ampio potere discrezionale).
A conferma di quanto sopra, si osserva che sia l’art. 37 CCNL 23.12.1999 che l’art. 27 CCNL 14.09.2000, nel riferirsi alla disciplina dei compensi spettanti all’avvocatura interna, prevedono espressamente che gli enti locali procedano alla mera corresponsione dei compensi, già liquidati dal giudice in sentenza: “Gli enti provvisti di Avvocatura costituita secondo i rispettivi ordinamenti disciplinano la corresponsione dei compensi professionali, dovuti a seguito di sentenza favorevole all’ente, secondo i principi di cui al regio decreto legge 27.11.1933 n. 1578 valutando l’eventuale esclusione, totale o parziale, dei dirigenti interessati, dalla erogazione della retribuzione di risultato”.
Siffatta interpretazione risulta, inoltre, suffragata da quanto sancito dall’art. 152-bis disp. att c.p.c. (introdotto dall’art 4 comma 42 l. 183/11, legge di stabilità 2013) che, sotto la rubrica “liquidazione di spese processuali”, dispone: “Nelle liquidazioni delle spese di cui all’art. 91 del codice di procedura civile a favore delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30.03.2001, n. 165, e successive modificazioni, se assistite da propri dipendenti ai sensi dell’articolo 417-bis del codice di procedura civile, si applica la tariffa vigente per gli avvocati, con la riduzione del 20 per cento degli onorari di avvocato ivi previsti”, con ciò confermando che la liquidazione a favore della parte vittoriosa trova la propria base normativa nell’art. 91 c.p.c, che disciplina il potere giudiziale di liquidazione.
In assenza di precise indicazione ad opera del legislatore, 
si deve, pertanto, preferire un’interpretazione della disposizione coerente con il sistema, con la conseguenza che, essendo la liquidazione delle spese un tipico potere/dovere che il giudice esercita in sentenza, deve ritenersi che la decurtazione riguardi solo i compensi liquidati con sentenze depositate dopo il 01.01.2014, mentre rimangono esclusi i compensi liquidati con sentenze antecedenti, anche se corrisposti dall’ente in epoca successiva al sopra menzionato termine.
Il quesito posto Comune di Bari in merito all’interpretazione dell’art. 1, comma 457, l. 147/2013 si articola, inoltre, in due ulteriori sotto-quesiti, essendo richiesto a questa Sezione:
a) se le somme provenienti dalle riduzioni di spesa possano confluire nel fondo per il trattamento accessorio per il personale dipendente, analogamente a quanto previsto dall’art. 61, comma 9, d.l. 112/2008 in materia di collaudi ed arbitrati oppure se tali somme debbano essere acquisite al bilancio comunale in analogia con la disciplina dettata per il bilancio dello Stato;
b) se l’onere per il pagamento dell’IRAP afferente ai compensi per gli avvocati interni debba essere finanziato a valere sui compensi liquidati dal giudice, non potendo costituire un onere aggiuntivo per l’Ente, oppure debba calcolarsi sui compensi liquidati dal giudice e, quindi, con onere a carico dell’Ente.
Quanto al profilo sub a), l’art. 1, comma 457, dopo aver previsto che le somme derivanti dalle riduzioni di spesa così disposte debbano essere versate annualmente dagli enti e dalle amministrazioni dotate di autonomia finanziaria ad apposito capitolo di bilancio dello Stato, espressamente esclude siffatto obbligo con riferimento, tra l’altro, agli enti territoriali. L’esclusione deve essere intesa, logicamente, nel senso che le risorse di cui sopra vengono trattenute nel bilancio dell’Ente.
Per contro, non sembra possibile far confluire le risorse in questione nel fondo per il trattamento accessorio del personale dipendente poiché, contrariamente a quanto disposto dall’art. 61, co. 9, d.l. 112/2008 (ove si legge espressamente: “il predetto importo è riassegnato al fondo di amministrazione per il finanziamento del trattamento economico accessorio dei dirigenti”), siffatta finalizzazione non risulta prevista da alcuna disposizione di legge (cfr. art. 15, comma 1, lett. k, CCNL 01.04.1999 e Sezioni Riunite n. 51/CONTR/2011, paragrafo 3 della motivazione; in tal senso, anche l’Aran-Ral1047 orientamenti applicativi- che esclude dal campo di applicazione dell’art. 15, lett. k, del CCNL 01.04.1999 le risorse destinate al finanziamento del compenso in esame in quanto la norma contrattuale fa riferimento solo alle risorse che specifiche disposizioni di legge finalizzano alla incentivazione di prestazioni o di risultati del personale e nel caso di specie “non solo non vengono in considerazione risorse previste da specifiche fonti legislative e finalizzate all’incentivazione del personale, ma i compensi dei professionisti legali, di cui all’art. 27 del CCNL del 14.09.2000, non sono neppure oggetto di contrattazione né per l’individuazione dei destinatari né per ciò che attiene alla misura ed alle modalità di erogazione degli stessi”).
Passando alla soluzione del quesito sub b), si ricorda che sul punto sono intervenute le Sezioni Riunite, con una pronuncia di orientamento generale a cui tutte le Sezioni regionali sono tenute a conformarsi (deliberazione n. 33/CONTR/2010).
Più precisamente, 
le Sezioni Riunite, pronunciandosi -oltre che sull’art. 92, comma 5, dlgs 163/2006- sul disposto dell’art. 1, comma 208, l. 266/2005 (a mente del quale le somme finalizzate alla corresponsione di compensi professionali dovuti al personale dell’Avvocatura interna delle pubbliche amministrazioni sulla base di specifiche disposizioni contrattuali sono da considerare comprensive degli oneri riflessi a carico del datore di lavoro), hanno precisato che l’espressione “oneri riflessi”, contenuta nella disposizione, non comprende l’IRAP che costituisce un onere fiscale a carico esclusivo dell’amministrazione.
In particolare, 
le Sezioni Riunite osservano che “…..anche l’interpretazione sistematica delle disposizioni all’esame è confermativa della soluzione che esclude la riconducibilità dell’IRAP nell’ambito degli “oneri riflessi”. Sia la Corte dei conti (nelle deliberazioni citate), che il Consiglio di Stato (adunanza plenaria sent. n. 32 del 1994) ritengono che i compensi professionali da corrispondere a titolo di onorari ai dipendenti comunali appartenenti all’Avvocatura interna, oltre che al personale tecnico, costituiscono parte della retribuzione; sicché, per detti soggetti, non si realizzano i presupposti per l’applicazione dell’IRAP, dato che tali soggetti sono privi di autonoma organizzazione….Infatti, il presupposto impositivo dell’IRAP si realizza in capo all’ente che eroga il compenso di lavoro dipendente, il quale rappresenta il soggetto passivo dell’imposta, cioè colui che, nella valutazione del legislatore, in quanto titolare di detta organizzazione è tenuto a concorrere alle spese pubbliche, ai fini di detto tributo; conseguentemente l’onere fiscale non può gravare sul lavoratore dipendente in relazione a compensi di natura retributiva (Agenzia delle Entrate, Risoluzione n. 123/E del 02.04.2008) bensì unicamente sul datore di lavoro”.
Resta fermo, peraltro, che gli enti che corrispondono compensi professionali alle avvocature interne sono tenuti, sul piano contabile, a provvedere ed accantonare nei fondi gli importi necessari a fronteggiare il pagamento dell’IRAP, rendendoli indisponibili.
Come osservato dalla Sezione regionale per il controllo per l’Umbria, “
Il principio di diritto affermato dalla SS.RR. comporta, pertanto, che l’inclusione dell’Irap nel fondo disponibile per il pagamento delle competenze all’avvocatura interna rappresenta un fatto puramente contabile che non incide assolutamente sulla liquidazione dei compensi professionali. Ciò nel senso che non vi è alcuna decurtazione dei compensi professionali degli avvocati interni, semmai una riduzione (a monte), e in proporzione all’ammontare Irap, delle risorse che, in base alla regolamentazione interna, sono distribuibili tra detti dipendenti a titolo di compensi professionali. E’ quanto stabilito dalle SS.RR nella deliberazione anzi citata, laddove si osserva che “le disponibilità di bilancio da destinare ai “fondi” da ripartire non possono che essere quantificate al netto delle somme destinate (o destinabili) a coprire gli oneri che gravano sull’amministrazione a titolo di Irap, poiché, diversamente, una discorde interpretazione confliggerebbe non solo con il chiaro disposto delle richiamate disposizioni, ma anche con il principio di copertura degli oneri finanziari (art. 81, quarto comma, Cost.)” (Sezione regionale per il controllo Umbria, deliberazione n. 25/PAR/2014, nello stesso senso: Sezione regionale per il controllo Lombardia, deliberazione n. 73/PAR/2012, Sezione regionale per il controllo Basilicata, deliberazione n. 115/PAR/2013, Sezione regionale per il controllo Sardegna, deliberazione n. 18/PAR/2012 ).
Di conseguenza: “
nel calcolo del fondo di incentivazione destinato (o destinabile) agli avvocati interni deve tenersi conto anche della relativa quota IRAP, il cui importo l’Amministrazione sarà tenuto ad accantonare per far fronte agli obblighi tributari…… Invero, il preventivo accantonamento, nell’ambito del fondo di incentivazione, delle somme dovute dall’ente datore di lavoro per far fronte agli obblighi tributari (ivi compresa l’Irap) relativi ai compensi professionali spettanti agli avvocati interni, comporta il divieto di operare qualsiasi trattenuta (per la quota dovuta dall’ente a titolo di Irap o di altri tributi) in sede di liquidazione dei compensi medesimi, avendo l’ente già garantito adeguata copertura finanziaria agli obblighi in questione, che pertanto gravano definitivamente sul bilancio dell’ente.”
Le coordinate tracciate dalla giurisprudenza contabile sopra richiamata inducono ad affermare che l’Irap debba calcolarsi sui compensi liquidati dal giudice, stante l’obbligo di preventivo accantonamento nell’ambito del fondo di incentivazione.
Sotto altro profilo, si osserva che i compensi liquidati in sentenza non contemplano l’Irap, sicché una diversa interpretazione si tradurrebbe inevitabilmente in una traslazione del tributo in capo al lavoratore, in contrasto con quanto osservato dalle Sezioni Riunite,(sul presupposto dell’IRAP, cfr. Corte Cost. sent. 156/2001 “l’IRAP non è un’imposta sul reddito, bensì un’imposta di carattere reale che colpisce –come già si è osservato- il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate (……..) è evidente che nel caso di una attività professionale che fosse svolta in assenza di elementi di organizzazione –il cui accertamento, in mancanza di specifiche disposizioni normative, costituisce questione di mero fatto- risulterà mancante il presupposto stesso dell’imposta sulle attività produttive, per l’appunto rappresentato, secondo l’art. 2, dall’”esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi”, con la conseguente inapplicabilità dell’imposta stessa).
Passando all’esame del quesito n. 2, il Comune di Bari chiede se le spese di trasferta degli avvocati civici per la difesa dell’amministrazione comunale presso le Magistrature di ogni distretto di Corte d’Appello abbiano natura giuridica di spese di missione di dipendenti pubblici e siano soggette alla disciplina di cui all’art. 6, comma 12, d.l. 78/2010 conv. in l. 122/2010 oppure, trattandosi di spese obbligatorie da assumere per la regolare costituzione in giudizio e patrocinio dell’Ente, possano considerarsi oneri e spese accessorie per l’attività professionale svolta che potrebbero trovare disciplina nel Regolamento Comunale sui compensi professionali ai legali in servizio presso l’avvocatura ed assimilate contabilmente alle spese di lite.
Il quesito attiene all’interpretazione dell’espressione “spese di missione” contenuta nell’art. 6, comma 12, d.l. 78/2010. Siffatta disposizione si colloca nel quadro delle norme vincolistiche e restrittive con cui il legislatore, nell’ambito di una più ampia procedura di risanamento dei conti pubblici, ha cercato di ridurre le spese degli apparati politici ed amministrativi.
In particolare, l’art. 6, rubricato “Riduzione dei costi degli apparati amministrativi”, prevede che, a decorrere dall’anno 2011, le amministrazione pubbliche inserite nel conto consolidato della pubblica amministrazione di cui all’art. 1, comma 3, della l. 196/2009 (comprensivo degli enti territoriali) non possono effettuare spese per missioni in misura superiore al 50% di quella sostenuta nell’anno 2009.
La stessa disposizione, nell’introdurre il limite de quo, prevede espressamente l’esclusione per talune tipologie di spesa (missioni internazionali di pace e delle Forze armate, missioni delle forze di polizia e dei vigili del fuoco, del personale di magistratura, quelle strettamente connesse ad accordi internazionali ovvero indispensabili per assicurare la partecipazione a riunioni presso enti e organismi internazionali o comunitari, nonché con investitori istituzionali necessaria alla gestione del debito pubblico) ed una deroga generale con riferimento a “casi eccezionali” (la cui individuazione in concreto spetterà all’Ente: cfr., sul punto, Sezione regionale controllo della Toscana deliberazioni n. 185/PAR/2011 e n. 249/PAR/2012, secondo cui “i casi per i quali derogare al limite di spesa non possono che essere situazioni fuori dall’ordinaria attività amministrativa ed istituzionale dell’ente che giustifichino, appunto, l’eccezionalità dello sforamento. In assenza di norme o interpretazioni in merito può essere considerata eccezionale, ad esempio, anche una spesa per una missione non sostenuta in passato e che si ritiene, in ragione della sua natura, possa essere sostenuta una tantum…..” ) a cui si accompagna l’indicazione dell’iter da seguire per l’autorizzazione al superamento (adozione di un motivato provvedimento adottato dall’organo di vertice dell’amministrazione, da comunicare preventivamente agli organi di controllo ed agli organi di revisione dell’ente).
Tale iter procedimentale per l’autorizzazione allo sforamento del tetto è strumentale a consentire un vaglio del requisito dell’eccezionalità, anche alla luce delle responsabilità disciplinare ed erariale scaturenti dalla violazione ingiustificata del limite, come previsto dal medesimo art. 6, comma 12 (“Gli atti e i contratti posti in essere in violazione della disposizione contenuta nel primo periodo del presente comma costituiscono illecito disciplinare e determinano responsabilità erariale”).
In materia di spese di missione sono intervenute a più riprese le Sezioni Riunite con deliberazioni n. 8/CONTR/2011, 9/CONTR/2011 e 21/CONTR/2011 le quali hanno, da un lato chiarito, come l’art. 6 in esame abbia limitato le spese connesse al trattamento di missione, “ossia ai trasferimenti effettuati per conto dell’amministrazione di appartenenza per l’espletamento di funzioni ed attività da compiere fuori sede” (deliberazione n. 9/CONTR/2011) e, dall’altro lato, precisato- con riferimento all’uso del mezzo proprio da parte del dipendente- che ”
il dipendente che intenda avvalersi del mezzo proprio, al fine di rendere più agevole il proprio spostamento, potrà comunque conseguire l’autorizzazione da parte dell’amministrazione, con il limitato effetto di ottenere la copertura assicurativa dovuta in base alle disposizioni vigenti. Le disposizioni interne delle singole amministrazioni potranno prevedere, in caso di autorizzazione all’uso del mezzo proprio, un indennizzo corrispondente alla somma che il dipendente avrebbe speso se fosse ricorso ai mezzi pubblici, ove ciò determini un più efficace espletamento dell’attività, garantendo, ad esempio, un più rapido rientro in servizio, risparmi del pernottamento, l’espletamento di un numero maggiore di interventi” (deliberazione n. 8/CONTR/2011).
Le Sezioni Riunite nella successiva deliberazione n. 21/CONTR/2011 hanno, inoltre, osservato che ”
va affermata l’impossibilità per l’amministrazione di reintrodurre, attraverso una regolamentazione interna, il rimborso delle spese sostenute dal dipendente sulla base delle indicazioni fornite dal disapplicato art. 8 della legge n. 417 del 1988. Tale modo di operare, infatti, costituirebbe una chiara elusione del dettato e della ratio del disposto del richiamato art. 6, comma 12, del decreto legge n. 78 del 2010.” La giurisprudenza delle Sezioni regionali di controllo si è successivamente conformata alle statuizioni appena richiamate: Sezione regionale controllo Toscana deliberazioni n. 183/PAR/2011 e n. 249/PAR/2012, Sezione regionale controllo Veneto deliberazione n. 392/PAR/2011, Sezione regionale controllo Campania deliberazione n. 21/PAR/2013 Sezione regionale controllo Piemonte deliberazioni n. 390/PAR/2013 e 400/PAR/2013.
Le coordinate ermeneutiche appena esposte si attagliano anche alle spese di trasferta degli avvocati dell’Ente per il patrocinio presso i vari distretti di Corte d’Appello, trattandosi di esborsi che rientrano nel concetto di “spese di missione”, secondo la definizione fornita dalle Sezioni Riunite nella deliberazione n. 9 del 2011, sopra richiamata (“trasferimenti effettuati per conto dell’amministrazione di appartenenza per l’espletamento di funzioni ed attività da compiere fuori sede”), sicché risulta applicabile, in prima battuta, anche alle trasferte dei legali la disciplina contenuta nell’art. 6, comma 12, del d.l. 78/2010.
Tuttavia, la Sezione osserva come, nel caso dell’avvocatura interna, la missione del dipendente assuma una valenza particolare, trattandosi di attività strumentale e prodromica all’esplicazione della difesa in giudizio dell’Ente ed afferendo all’esercizio di un diritto di rilievo costituzionale, al pari degli interessi alla cui tutela sono funzionalizzate le missioni espressamente escluse dalla disciplina in esame (le missioni internazionali di pace e delle Forze armate, strumentali all’attuazione dei disposti di cui agli artt. 10 e 11 Cost., le missioni delle forze di polizia e dei vigili del fuoco strumentali alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, le missioni della magistratura, strumentali all’esercizio della funzione giurisdizionale ecc).
L’’interpretazione letterale della disposizione in esame, pertanto, si tradurrebbe in una compressione di un diritto di rilievo costituzionale (sia pure ai fini della tutela di un altro interesse di pari rango, quello degli equilibri di bilancio), sicché è necessario accedere ad una interpretazione che, oltre ad essere costituzionalmente orientata, consenta un equo contemperamento degli interessi in gioco.
D’altra parte, un’applicazione rigorosa del limite rischierebbe, in siffatta ipotesi, di radicare situazioni contrastanti con la ratio di contenimento di spesa sottesa alla disposizione in esame, costringendo l’ente a ricorrere a professionisti esterni con conseguente aggravio di costi.
Il medesimo legislatore ha ammesso una deroga al limite in presenza di situazioni eccezionali, prevedendo, come già chiarito, un iter procedimentale di approvazione tale da consentire il vaglio del presupposto dell’eccezionalità, anche al fine di valutare un’eventuale responsabilità disciplinare o erariale in caso di autorizzazione di assenza dei presupposto richiesto.
La trasferta dell’avvocato dell’Ente per patrocinare presso diversi distretti di Corte d’Appello, se non rientra nel concetto di eccezionalità previsto dalla disposizione in esame (non essendo eccezionale il patrocinio presso un’Autorità Giudiziaria situata in un distretto diverso da quello in cui è la sede dell’Ente: cfr. le conclusioni cui è pervenuta la Sezione regionale di controllo della Toscana in merito al requisito dell’eccezionalità con deliberazioni n. 185/PAR/2011 e n. 249/PAR/2012, sopra richiamate), tuttavia risponde alla medesima ratio di evitare che il formale rispetto del limite si traduca di fatto in un aggravamento di spesa per fronteggiare la situazione, finalità a cui anche la deroga prevista sul piano normativo evidentemente si ispira.
Una interpretazione formalistica, quindi, potrebbe determinare l’effetto paradossale di una moltiplicazione dei costi, laddove l’ente fosse costretto a ricorrere a professionisti esterni.
Ad identiche conclusioni, sia pure con riferimento alla diversa problematica del rispetto del limite di cui all’art. 9 comma 2-bis d.l. 78/2010, ma con argomentazioni che conservano validità anche in relazione alla questione oggetto di esame, sono pervenute le Sezioni Riunite nella deliberazione n. 51/CONTR/2011, sancendo che 
sono escluse dal limite di cui all’art. 9, comma 2-bis, d.l. 78/2010 (a mente del quale l’ammontare complessivo delle risorse destinate al trattamento accessorio del personale non può superare il corrispondente importo dell’anno 2010 ed è automaticamente ridotto in misura proporzionale alla risoluzione del personale in servizio) quelle risorse destinate a remunerare prestazioni professionali tipiche di soggetti individuati o individuabili e che, peraltro, potrebbero essere acquisite attraverso il ricorso all’esterno dell’amministrazione pubblica, con possibili costi aggiuntivi per i bilanci dei singoli enti. Nell’ambito delle prestazioni escluse, le Sezioni Riunite menzionano espressamente le risorse destinate a remunerare le prestazioni professionali dell’avvocatura interna.
Sotto altro profilo, si osserva che, anche in relazione alla problematica- più strettamente afferente al quesito in esame- relativa all’utilizzo del mezzo proprio, le Sezioni Riunite hanno sottolineato che occorre evitare il rischio di interpretazione applicative le quali, pur formalmente rispettose della norma, si pongano, in realtà, in contrasto con lo scopo di riduzione dei costi degli apparati amministrativi, determinando addirittura un incremento dei medesimi. In questo caso, infatti, per l’Ente è possibile “
il ricorso a regolamentazioni interne volte a disciplinare, per i soli casi in cui l’utilizzo del mezzo proprio risulti economicamente più conveniente, forme di ristoro del dipendente dei costi dallo stesso sostenuti che, però, dovranno tenere conto delle finalità di contenimento della spesa introdotte con la manovra estiva e degli oneri che in concreto avrebbe sostenuto l’ente per le sole spese di trasporto in ipotesi di utilizzo dei mezzi pubblici di trasporto” (deliberazione n. 21/CONTR/2011)
Alla luce di quanto statuito dalla giurisprudenza contabile sopra richiamata, questa Sezione ritiene che le spese di trasferta degli avvocati civici per il patrocinio dell’Ente presso diversi distretti di Corte d’Appello abbiano natura giuridica di spese di missione e, in quanto tali, soggette al vincolo di cui all’art. 6, comma 12, d.l. 78/2010.
Tuttavia, atteso il carattere non assoluto del vincolo per le ragioni sopra esposte, si ritiene che il limite possa essere derogato allorché la missione risulti necessaria per l’esercizio del diritto di difesa in giudizio e l’osservanza dello stesso determini la necessità del ricorso a professionisti esterni con aggravio di costi per il bilancio dell’Ente.
In altri termini, 
solo nel caso in cui sia accertato che il rispetto limite si tradurrebbe in un effettivo aumento di costi per il bilancio dell’ente (anche in considerazione della necessità di ricorso a professionisti esterni) è consentito lo sforamento, venendo altrimenti frustrata la finalità di risparmio di spesa.
La deroga deve, infine, come correttamente osservato dalle Sezioni Riunite, “tenere conto delle finalità di contenimento della spesa introdotte con la manovra estiva” sia con riferimento alle spese di trasporto (cfr. deliberazione Sezioni Riunite n. 21/CONTR/2011, già richiamata, in relazione alla necessità per l’Ente di tenere conto degli oneri che in concreto l’ente avrebbe sostenuto per le sole spese di trasporto in ipotesi di utilizzo di mezzi di trasporto pubblici) sia con riferimento alle eventuali spese di vitto e pernottamento, la cui autorizzazione dovrà essere adottata con provvedimento rigorosamente motivato anche ai fini della valutazione dell’eventuale responsabilità disciplinare ed erariale.
Passando all’esame dei quesiti n. 3 e 4, il Comune di Bari chiede se gli incentivi professionali spettanti all’avvocatura interna ai sensi degli artt. 37 del CCNL 23.12.1999 e 27 del CCNL 14.09.2000 siano da escludere totalmente dal computo del tetto di spesa del personale previsto dall’art. 1, comma 557, della l. 296/2006 e dal vincolo previsto dall’art. 9, comma 2-bis, d.l. 78/2010 oppure debbano considerarsi esclusi solo i compensi derivati da sentenze favorevoli con vittoria di spese a carico della controparte, rivestendo solo questi ultimi i caratteri di spese eterofinanziate (mentre i compensi derivanti da sentenze favorevoli con compensazioni di spese rimangono a carico del bilancio dell’Ente).
L’art. 1, comma 557, l. 296/2006 (finanziaria 2007) introduce l’obiettivo di riduzione della spesa del personale, garantendo il contenimento della dinamica retributiva ed occupazionale ed indicando espressamente gli ambiti prioritari di intervento al fine del raggiungimento dell’obiettivo del contenimento (riduzione dell’incidenza percentuale delle spese del personale rispetto al complesso delle spese correnti, razionalizzazione e snellimento delle strutture burocratico-amministrative, contenimento delle dinamiche di crescita della contrattazione integrativa, sul punto cfr. Sezioni Riunite deliberazione n. 27/CONTR/2011).
Le voci escluse dal computo ai fini della determinazione dell’aggregato “spesa del personale”, rilevante ai sensi dell’art. 1, comma 557, sono indicate nella tabella n. 6.3 dei questionari (quanto ai comuni sopra i 5.000 abitanti) per gli organi di revisione economico finanziaria degli enti locali relativi al rendiconto 2013 ed approvati con deliberazione della Sezione delle Autonomie n. 11/SEZAUT/2014/ INPR. Nell’elenco delle voci da sottrarre all’ammontare della spesa in questione non sono compresi gli incentivi professionali spettanti all’avvocatura interna, a prescindere dalla circostanza che si tratti di somme derivanti da sentenze favorevoli con vittoria di spese a carico della controparte o di somme derivanti da sentenze favorevoli con spese compensate.
Per tali ragioni, 
i compensi in questione rientrano nel computo del tetto di spesa del personale di cui all’art. 1, comma 557, l. 266/2005, a prescindere dalle statuizioni contenute in sentenza in merito alla condanna o meno alle spese di parte soccombente.
Venendo all’esame dell’art. 9, comma 2-bis, d.l. 78/2010, si osserva preliminarmente come la disposizione, da ultimo modificata dall’art. 1, comma 456, l. 147/2013, si ponga l’obiettivo di riduzione della spesa del personale, sancendo che “a decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31.12.2014 l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30.03.2001, n. 165, non può superare il corrispondente importo dell’anno 2010 ed è, comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio. A decorrere dal 01.01.2015, le risorse destinate annualmente al trattamento economico accessorio sono decurtate di un importo pari alle riduzioni operate per effetto del precedente periodo”.
Le Sezioni Riunite della Corte dei conti, nella già citata deliberazione n. 51/CONTR/2011, hanno precisato che laratio dell’art. 9 comma 2-bis, è quella di cristallizzare al 2010 il tetto di spesa relativo all’ammontare complessivo delle risorse presenti nei fondi unici che dovrebbero tendenzialmente essere destinate al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche ed, alla luce di tale ratio, non sembra possa ammettere deroghe ed esclusioni, in quanto la regola generale voluta dal legislatore è quella di porre un limite alla crescita dei fondi della contrattazione integrativa destinati alla generalità dei dipendenti dell’ente pubblico.
Tra le risorse incentivanti solo quelle destinate a remunerare prestazioni professionali per la progettazione di opere pubbliche e quelle dell’avvocatura interna devono, secondo la Sezioni Riunite, ritenersi escluse dall’ambito applicativo dell’art. 9, comma 2-bis, del DL n. 78/2010 poiché trattasi di prestazioni professionali tipiche la cui provvista all’esterno potrebbe comportare aggravi di spesa a carico dei bilanci delle amministrazioni pubbliche, mentre le risorse che alimentano il fondo derivanti dal recupero dell’ICI o da contratti di sponsorizzazione non si sottraggono alla regola generale e devono essere computate ai fini della determinazione del tetto di spesa posto al fondo per la contrattazione integrativa dall’art. 9, comma 2 bis in quanto potenzialmente destinabili alla generalità dei dipendenti dell’ente attraverso lo svolgimento della contrattazione integrativa.
Con la successiva deliberazione n. 56/CONTR/11 del 2/11/2011, le Sezioni Riunite hanno ulteriormente precisato che “qualunque sia la fonte di finanziamento del fondo per la contrattazione, in particolare le risorse per sostenere le iniziative rivolte a migliorare la produttività, l’efficienza e l’efficacia dei servizi, non sono consentite deroghe a quanto disposto dall’art. 9, comma 2-bis” , in quanto è “chiara è l’intenzione del legislatore di ridurre la spesa di personale, anche attraverso il blocco delle risorse decentrate, blocco che non ammette in via generale alcuna deroga”.
Ciò posto, in tema di assoggettamento dei compensi professionali, derivanti da sentenze favorevoli all’Ente, al vincolo di cui all’art. 9, comma 2-bis, d.l. 78/2010 si sono espresse le Sezioni regionali di controllo di questa Corte.
Ad una prima pronuncia della Sezione regionale di controllo per l’Umbria, secondo cui rimangono assoggettati all’art. 9, comma 2-bis, d.l. 78/2010 i compensi a favore dell’avvocato non derivanti da condanna alle spese della controparte (deliberazione n. 3/PAR/2012, nello stesso senso Ragioneria Generale dello Stato, parere prot. 72010 del 04.09.2013), è seguita una successiva deliberazione della Sezione regionale di controllo della Liguria (deliberazione n. 86/PAR/2013) che ha incentrato la soluzione alla questione, più che sul carattere eterofinanziato dei compensi a carico della parte soccombente, sulla natura di retribuzione principale e non accessoria dei compensi professionali spettanti agli avvocati interni.
La Sezione ligure ha, infatti, osservato che “la norma citata fissa un tetto di spesa al trattamento accessorio del personale in servizio presso le pubbliche amministrazioni, ma i compensi all’esame di questo Collegio non costituiscono trattamento accessorio alla retribuzione degli avvocati alle dipendenze degli enti locali bensì rappresentano essi stessi retribuzione per l’attività professionale espletata in favore dell’ente pubblico, e pertanto è del tutto irrilevante la derivazione dei compensi dalla condanna di controparte alle spese del giudizio piuttosto che dalla loro compensazione tra le parti…….pertanto, i compensi non hanno valenza incentivante in quanto con essi non si mira ad aumentare la produttività del personale dell’avvocatura interna bensì a compensare il lavoro svolto”.
Questa Sezione ritiene che l’esclusione dei compensi professionali dell’avvocatura interna dal limite di cui all’art. 9, comma 2-bis, d.l. 78/2009 discenda direttamente da quanto osservato dalle Sezioni Riunite nella più volte citata deliberazione n. 51/CONTR/2011.
In quella sede, infatti, le Sezioni Riunite hanno statuito che “
ai fini del calcolo del tetto di spesa cui fa riferimento il citato vincolo, necessario a calcolare l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento economico accessorio, occorrerà sterilizzare, non includendole nel computo dell’importo 2010, le risorse destinate a remunerare le prestazioni di progettazione interna e le prestazioni professionali dell’avvocatura interna, stante la loro natura “professionale” che le rende non destinabili alla generalità dei dipendenti dell’Ente attraverso lo svolgimento della contrattazione integrativa.” Ciò in quanto si tratta di risorse “destinate a remunerare prestazioni professionali tipiche di soggetti individuati o individuabili e che peraltro potrebbero essere acquisite attraverso il ricorso all’esterno dell’amministrazione pubblica con possibili costi aggiuntivi per il bilancio dei singoli enti (nello stesso senso, di recente, Sezione regionale controllo Veneto deliberazione n. 200/PAR/2014).
Trattandosi di somme destinate alla remunerazione di prestazioni professionali tipiche, suscettibili di essere acquisite tramite esternalizzazione con conseguente aggravio di costi per l’Ente, devono ritenersi sottratte al limite di cui all’art. 9, comma 2-bis, d.l. 78/2010, a prescindere dalla natura eterofinanziata (in quanto gravanti su controparte soccombente) o meno (in quanto compensate dal giudice).
In conclusione 
i compensi professionali all’avvocatura interna rimangono interamente assoggettati al limite di cui all’art. 1, comma 557, l. 296/2006, mentre sono esclusi dal computo del tetto di cui all’art. 9, comma 2-bis, d.l. 78/2010, a prescindere dalla circostanza che derivino da sentenza favorevole con vittoria di spese a carico della controparte o da sentenza favorevole con spese compensate (Corte dei Conti, Sez. controllo Puglia, parere 07.07.2014 n. 127).

da: ptpl

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