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RICHIAMO IN SERVIZIO DEL DIPENDENTE COMUNALE IN FERIE E SANZIONE DISCIPLINARE (09/07/2014)

RICHIAMO IN SERVIZIO DEL DIPENDENTE COMUNALE IN FERIE E SANZIONE DISCIPLINARE (09/07/2014)

 

 

 

Quando il dipendente pubblico (nella specie, dipendente comunale) è in ferie, può l’amministrazione esigerne il rientro adducendo motivi di servizio? Questo il quesito cui offre convincente risposta la pronuncia della S.C. di Cassazione, sezione lavoro, n. 27057 del 3 dicembre 2013, qui segnalata, con la quale si è posto il problema della legittimità del licenziamento disciplinare irrogato a carico di un dipendente comunale al quale, dopo l’autorizzazione a fruire di un periodo feriale, era stato imposto di rientrare in servizio.

Tale richiesta, formulata tramite due ordini cui il dipendente non aveva adempiuto, veniva seguita dalla formale instaurazione di procedimento disciplinare per assenza arbitraria. L’amministrazione riteneva infatti che il dipendente fosse tenuto, da una precisa norma del contratto collettivo, ad essere reperibile, ed il fatto che non vi avesse provveduto rendeva automaticamente conosciute tutte le comunicazioni inviategli al domicilio inizialmente dichiarato, benché non ritirate. Il datore di lavoro, secondo l’amministrazione, manteneva infatti sempre il potere di revocare le ferie già concesse e il non aver adempiuto all’obbligo di presentarsi al lavoro rendeva illegittima la condotta contestata. All’esito della definizione del procedimento, veniva irrogata la sanzione espulsiva.

A fronte dell’impugnativa del dipendente, che contestava il licenziamento, nella resistenza dell’ente, il Tribunale accoglieva la domanda ordinando la reintegra del ricorrente. In sede d’appello, la pronuncia di prime cure trovava integrale conferma.

Il comune interponeva ricorso per la cassazione della sentenza della Corte territoriale, articolando tre motivi. Col primo, lamentava che il giudice di appello negò erroneamente che le comunicazioni (di richiamo in servizio) inviate al dipendente presso il suo domicilio fossero irrilevanti essendo questi in ferie. Inoltre, “evidenziava che l’art. 23 del c.c.n.l. di comparto prevedeva tra i doveri del dipendente quello di “comunicare all’amministrazione la propria residenza e, ove non coincidente, la dimora temporanea nonché ogni successivo mutamento delle stesse.” Da ciò desumeva l’obbligo del dipendente, quantunque in ferie, a comunicare la sua dimora temporanea ed i successivi eventuali mutamenti.”

Il collegio disattende il primo motivo di ricorso, sottolineando come l’ambito applicativo della disposizione citata fosse miri a consentire all’amministrazione di “…conoscere il luogo ove inviare comunicazioni al dipendente nel corso del rapporto di lavoro e non già, stante la natura costituzionalmente tutelata del bene(1), ivi comprese le connesse esigenze di privacy, durante il legittimo godimento delle ferie (che il lavoratore è libero, salvo diverse pattuizioni, di godere secondo le modalità e nelle località che ritenga più congeniali al recupero delle sue energie psicofisiche), risolvendosi l’opposta interpretazione in una compressione del diritto alle ferie, costringendo il lavoratore in viaggio non solo a far conoscere al datore di lavoro i luoghi e tempi dei suoi spostamenti, ma anche ad una inammissibile e gravosa attività di comunicazione formale, magari giornaliera, dei suoi spostamenti”.

Con il secondo ed il terzo motivo di ricorso il Comune denuncia in primis che “…il datore aveva il diritto di richiamare dalle ferie il dipendente con ordine per quest’ultimo vincolante, permanendo, anche durante il godimento delle ferie, il potere del datore di lavoro di modificare il periodo feriale anche a seguito di una riconsiderazione delle esigenze aziendali, come del resto previsto dal citato art. 18 del c.c.n.l.(2) che prevede la possibilità per il datore di lavoro di interrompere o sospendere il periodo feriale già in godimento.”Inoltre “…lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 55 d.lgs. n. 165/2001 e dell’art. 25 del c.c.n.l. per il personale del comparto Regioni-Autonomie locali del 6 luglio 1995 e 22 gennaio 2004. Lamenta che dal combinato disposto delle norme invocate doveva evincersi la legittimità del licenziamento per l’assenza ingiustificata, quale che fosse la causa dell’assenza, evidenziando che il Comune aveva inviato al domicilio del G. (in ferie) l’invito a riprendere il servizio”.

La Corte, esaminando congiuntamente i due profili di censura, intimamente connessi l’uno   all’altro, li disattende entrambi.

In primo luogo, dallo stesso tenore letterale del comma 11 citato, che la parte pubblica ricorrente assume quale perno della propria prospettazione, il collegio giudicante esclude che possa fondarsi un “…potere totalmente discrezionale del datore di lavoro di interrompere o sospendere il periodo feriale già in godimento, risultando allo scopo insufficiente il generico inciso di cui al comma 11 “Qualora le ferie già in godimento siano interrotte o sospese per motivi di servizio”, che nulla dice circa le modalità con cui l’interruzione o la sospensione possa essere adottata e debba essere comunicata.”

Richiama quindi propria giurisprudenza(3) che afferma il principio secondo cui le modifiche alle ferie già concesse sono ammissibili, da parte del datore, ma che le modifiche medesime debbano essere comunicate al lavoratore con congruo preavviso. Ciò, secondo la Corte, “presuppone all’evidenza una comunicazione tempestiva ed efficace, idonea cioè ad essere conosciuta dal lavoratore prima dell’inizio del godimento delle ferie, tenendo conto che il lavoratore non è tenuto, salvo patti contrari, ad essere reperibile durante il godimento delle ferie”. Conseguenzialmente, non rispondenti ai requisiti si rivelano le comunicazioni notificate dall’ente al lavoratore, con cui si imponeva il rientro in servizio, indirizzate al dipendente solo dopo l’inizio del periodo feriale e mentre quest’ultimo era assente al proprio domicilio, solo ex art. 140 c.p.c.

Infine, rileva come nessuna compressione alla libera determinazione delle modalità di fruizione del periodo feriale può essere infatti imposta al lavoratore, mentre “la reperibilità del lavoratore può essere oggetto di specifico obbligo disciplinato dal contratto individuale o collettivo del lavoratore in servizio ma non già del lavoratore in ferie, salvo specifiche difformi pattuizioni individuali o collettive”.

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NOTE

(1)    Il riferimento costituzionale è costituito dall’art. 36, comma 3 della Carta: “Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.”

(2)    Art. 18 comma 11 del C.C.N.L. del 6 luglio 1995 per il comparto Regioni – Autonomie Locali: “Qualora le ferie già in godimento siano interrotte o sospese per motivi di servizio, il dipendente ha diritto al rimborso delle spese documentate per il viaggio di rientro in sede e per quello di ritorno al luogo di svolgimento delle ferie, nonché all’indennità di missione per la durata del medesimo viaggio; il dipendente ha inoltre diritto al rimborso delle spese anticipate per il periodo di ferie non goduto.”

(3)    S.C. di Cassazione, sez. lav. 11 febbraio 2000, n. 1557, secondo cui, in estrema sintesi “il potere attribuito all’imprenditore dalla legge di stabilire il periodo delle ferie, implica quello di modificarlo, con il solo limite del preavviso”

Fonte: www.ilpersonale.it

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