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abusivo ricorso a contratti a termine nel pubblico impiego – illegittimità –

Trib.Trani, 15 marzo 2012, n. 1545 (pubblico impiego – contratto a termine – art. 5, comma 2, D.lgs 368/2001 – Direttiva 1999/70/CE – art. 36 D.lgs 165/2001 – esclusione – abusivo ricorso a contratti a termine nel pubblico impiego – illegittimità – conseguenza – conversione in un rapporto a tempo indeterminato).

Nell’ipotesi di abusivo ricorso ai contratti a tempo determinato da parte della Pubblica Amministrazione, in spregio alla previsione di cui all’art. 5, comma 2, D.lgs 368/2001, non trova applicazione la norma di cui all’art. 36 D.lgs 165/2001, in quanto il risarcimento del danno, peraltro neppure determinato nella misura, previsto da tale norma in luogo della conversione, non rappresenta un efficace deterrente idoneo ad ovviare all’abusivo utilizzo della predetta tipologia di contratto nel pubblico impiego.

Conseguentemente, in siffatta ipotesi, all’accertamento dell’illegittimità dei contratti impugnati deve seguire la sanzione della conversione del rapporto a termine in un rapporto a tempo indeterminato tra le parti, con esclusione di qualsiasi ulteriore sanzione indennitaria.  

Contratto a tempo determinato illegittimo nel pubblico impiego. Per il Tribunale di Trani si applica la conversione.

Ai lettori di Giustizia del Lavoro a Roma e nel Lazio segnaliamo la sentenza in commento, del Tribunale di Trani, espressione di un orientamento assolutamente minoritario in giurisprudenza che fa discendere dall’abuso della contrattazione a termine, in spregio al limite di 36 mesi individuato dall’art. 5, comma 2, D.lgs 368/2001, la conversione del rapporto a termine in un rapporto a tempo indeterminato anche quando il datore di lavoro è la pubblica amministrazione.

In particolare il Tribunale di Trani ha accertato l’illegittimità dei contratti a termine impugnati, tutti stipulati con lo stesso datore di lavoro (MIUR), in quanto complessivamente considerati hanno superato il limite massimo di 36 mesi previsto dalla normativa citata e carenti di una esplicita giustificazione.

Il Giudice adito ha ritenuto che nella fattispecie in esame non trovi applicazione il divieto di conversione stabilito dall’art. 36, D.lgs 165/2001, poiché la semplice previsione di una tutela risarcitoria, peraltro priva di parametri determinati, in caso di contratti a termine illegittimi non otterrebbe alcun effetto deterrente nei confronti della P.A.

Di conseguenza il Giudice del Lavoro, richiamando la sentenza della Corte Costituzionale n. 303/2011, nella parte in cui afferma che: “la stabilizzazione del rapporto rappresenta la tutela più intensa che il lavoratore precario possa ricevere…il risarcimento…assume valore logicamente secondario” ha dichiarato la conversione del rapporto di lavoro a termine stipulato inter partes in un rapporto a tempo indeterminato, fin dal primo contratto impugnato e (altrettanto discutibilmente) ha ritenuto “equo non riconoscere ulteriori indennizzi”, escludendo, in tal modo, l’applicazione dell’art. 32 L. 183/2010, nella sola parte in cui sanziona la contrattazione a termine illegittima con una tutela indennitaria, aggiuntiva alla conversione.

Avv. Andrea Lutri

Da giustiziadellavoro

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