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Il riscatto della laurea

Il riscatto della laurea è un istituto che consente agli assicurati di integrare la propria posizione previdenziale convertendo, a pagamento, gli anni del corso legale degli studi in contributi utili al conseguimento di una prestazione previdenziale

Con il riscatto dei periodo di laurea è possibile valorizzare il percorso di studi professionali svolti dal lavoratore ed utilizzarli nel calcolo del futuro assegno pensionistico. Possono essere oggetto di riscatto i periodi legali per il conseguimento di: diplomi universitari (corsi di durata non inferiore a 2 anni e non superiore a 3); diplomi di laurea degli ordinamenti anteriore al 1999 (corsi di durata non inferiore a quattro e non superiori a sei) e degli ordinamenti universitari post decreto 509/1999 (lauree triennali e specialistiche); i diplomi di specializzazioni post laurea; dottorati di ricerca; diplomi rilasciati da istituti di alta formazione artistica e musicale. Inoltre, se il titolo di studio ha valore legale in Italia, si può riscattare anche la laurea conseguita all’estero.

Non possono tuttavia essere riscattati i periodi di iscrizione fuori corso e i periodi già coperti da contribuzione obbligatoria o figurativa o da riscatto (anche presso altri fondi previdenziali).

Considerando che, tra laurea triennale e specialistica, il periodo di permanenza presso un’università può essere oggi di cinque anni, senza contare eventuali altri corsi o master, è di tutta evidenza che poter inserire i periodi di studio nel proprio fascicolo previdenziale rappresenta un vantaggio non trascurabile.

Il riscatto può riguardare tutto il periodo legale di laurea o solo parte di esso, così come è possibile riscattare uno o piu’ corsi utili. Per accedere alla procedura è necessario l’avvenuto accredito di almeno un contributo obbligatorio pensionistico in cui viene chiesto il riscatto. La legge 247/07 consente, tuttavia, che il riscatto possa essere esercitato anche dai soggetti non iscritti ad alcuna forma di previdenza che non abbiano iniziato l’attività lavorativa in Italia o all’estero.

L’onere del riscatto – La determinazione dell’onere di riscatto dipende da molteplici fattori. In primo luogo bisogna distinguere se il soggetto è già titolare di una posizione contributiva presso le gestioni previdenziali. In tal caso l’onere è regolato dalle norme che disciplinano la liquidazione della pensione il sistema retributivo o con quello contributivo a seconda della collocazione temporale dei periodi oggetto di riscatto.

Nello specifico se i periodi oggetto di riscatto si collocano temporalmente fino al 31 dicembre 1995l’importo della somma da versare sarà determinata con i criteri previsti dall’articolo 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338 (riserva matematica); l’onere sarà diverso in rapporto a fattori variabili quali l’età, il periodo da riscattare, il sesso e le retribuzioni percepite negli ultimi anni.
In presenza di una anzianità contributiva pari o superiore a 18 anni al 31/12/1995 (sistema retributivo), il sistema di calcolo sopra descritto si applicherà anche nel caso in cui i periodi da riscattare si collochino successivamente alla predetta data.

Relativamente ai periodi da riscattare collocati temporalmente  dopo il 31.12.1995,  per i quali la relativa quota di pensione  andrebbe calcolata con il sistema contributivo,   il   corrispondente  onere è invece determinato, per espressa   disposizione di  legge,  applicando  l’ aliquota contributiva in vigore alla data    di  presentazione della domanda di riscatto, nella misura    prevista   per il versamento della contribuzione obbligatoria    dovuta   alla  gestione pensionistica dove opera il riscatto stesso. Per il calcolo   dell’onere di riscatto, la retribuzione cui va applicata    la  predetta  aliquota contributiva è quella assoggettata a contribuzione nei dodici mesi meno remoti rispetto alla data della domanda ed è rapportata al periodo oggetto di riscatto.

In pratica, un lavoratore con un reddito lordo di 24mila euro l’anno, con un’aliquota del 33%, dovrà sborsare circa 31.500 euro per riscattare quattro anni di laurea.

Qualora invece il soggetto sia inoccupato (legge 247/07) l’onere del riscatto è costituito dal versamento di un contributo per ogni anno da riscattare, pari al livello minimo imponibile annuo degli artigiani e commercianti (pari a circa 15mila euro), moltiplicato per l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche dell’Ago vigenti nell’anno di presentazione della domanda. Riprendendo l’esempio sopra esposto l’onere l’esercizio del riscatto sarà inferiore e pari a poco meno di 20mila euro.

Il calcolo dell’onere di riscatto per periodi che si collochino ante 1 gennaio 1996, richiesti dagli inoccupati, sarà determinato con calcolo contributivo ed anche ai fini pensionistici non daranno luogo al passaggio dal sistema contributivo a quello misto. Il contributo è fiscalmente deducibile dall’interessato. Nel caso il richiedente non abbia un reddito personale, il contributo è detraibile nella misura del 19 per cento dell’importo stesso, dall’imposta dovuta dai soggetti nei confronti dei quali l’interessato risulti fiscalmente a carico.

Il pagamento –  Il contributo può essere versato in unica soluzione ovvero in 120 rate mensili senza l’applicazione di interessi per la rateizzazione. E’ confermata la possibilità che l’interessato eserciti la facoltà di estinguere il debito anche in un numero minore di rate e comunque senza applicazione di interessi.  Il mancato pagamento dell’importo in unica soluzione o del versamento della prima rata è considerato come rinuncia alla domanda che viene archiviata dall’Inps senza ulteriori adempimenti. La rinuncia non preclude la possibilità di presentare una nuova domanda di riscatto per lo stesso titolo e periodo. In tal caso l’onere di riscatto verrà rideterminato con riferimento alla data della nuova domanda.

Per le rate successive alla prima, il loro pagamento effettuato oltre la scadenza  ma  con  un ritardo  non  superiore  a  30 giorni, viene consentito per non più di cinque volte. Ulteriori versamenti effettuati oltre i termini assegnati potranno essere, su esplicita richiesta dell’interessato, considerati come nuova domanda e comporteranno la rideterminazione dell’importo da pagare. Tutti i pagamenti effettuati per importi parziali  o  per un  minore numero di rate entro i termini assegnati verranno convalidati determinando in  proporzione  l’accredito del corrispondente periodo assicurativo.

I vantaggi del riscatto – E’ sempre molto difficile dare un parere sulla convenienza o meno del riscatto in quanto ciò dipende da numerosi fattori tra cui, in primo luogo, l’importo da sborsare. E’ possibile tuttavia mettere in mostra brevemente tutti gli aspetti al fine di aiutare a fare una valutazione.

Prima di tutto gli anni riscattati vanno, sicuramente, ad incrementare l’anzianità contributiva e dunque possono aiutare il soggetto a maturare i requisiti per l’accesso alla pensione; i contributi versati comportano inoltre un incremento dell’importo della pensione che oscilla mediamente tra il 7 ed il 20% a seconda della modalità di calcolo dell’assegno (retributivo o contributivo). Per tale motivo è determinante il fatto se il periodo da riscattare si colloca prima o dopo il 1996. Nel primo caso il riscattante godrà di un importo di pensione piu’ elevato legato alla quota A e/o B della pensione; nell’altro caso gli anni verranno conteggiati con il sistema contributivo e pertanto non aumenteranno sensibilmente l’importo della pensione. Tuttavia in tale ultimo caso il lavoratore potrà beneficiare della pensione anticipata contributiva che consente un anticipo di 3 anni rispetto alla pensione di vecchiaia, opzione disponibile a condizione però che l’importo dell’assegno sia piuttosto consistente (cioè non inferiore a circa 1.250 euro, 2,8 volte l’importo dell’assegno sociale).

Gli oneri per il riscatto sono inoltre deducibili fiscalmente e non si pagano interessi. E’ da evidenziare che si può interrompere il pagamento dell’onere in qualsiasi momento; in tal caso non si perde quanto versato ma sarà accreditato il periodo contributivo riscattato in base ai versamenti effettuati.

Tra gli svantaggi da tenere in considerazione c’è sempre il fattore relativo alla durata della vita del riscattante: infatti anche se la prestazione previdenziale può essere reversibile ai superstiti a determinate condizioni, il rischio è che il riscattante deceda prima del conseguimento dell’assegno pensionistico perdendo la contribuzione versata all’Inps. Inoltre l’innalzamento dell’età pensionabile che si è verificato con la Riforma del 2011 ha ridotto il periodo di vita in cui il beneficiario potrà percepire la rendita previdenziale e dunque recuperare l’entità versata nel tempo. “Recupero” reso ancora piu’ difficile per via del fatto che l’assegno sarà mediamente piu’ leggero per via del sistema di calcolo contributivo.

Si tratta di considerazioni che hanno di fatto reso il riscatto meno appetibile rispetto al passato a vantaggio invece delle forme di previdenza complementare, attualmente piu’ flessibili ed in grado di costituire ormai una valida alternativa agli assicurati.

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