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PUBBLICO IMPIEGO: Personale degli enti locali. Congedi per cure per invalidi.

UBBLICO IMPIEGOPersonale degli enti locali. Congedi per cure per invalidi.
L’art. 7 del d.lgs. 119/2001 prevede che i lavoratori mutilati e invalidi civili cui sia stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa superiore al cinquanta per cento possono fruire ogni anno, anche in maniera frazionata, di un congedo per cure per un periodo non superiore a trenta giorni. 
L’Ente ha chiesto un parere in ordine ad alcune problematiche derivanti dall’applicazione dell’art. 7 del d.lgs. n. 119/2011, che disciplina la tipologia di congedo per cure per invalidi. In particolare, l’Amministrazione si è posta la questione se possa ritenersi sufficiente una generica richiesta del medico del SSN, oppure se la medesima debba comunque indicare la specifica cura di cui il dipendente necessita e la patologia invalidante.
Si ritiene doveroso premettere che, allo stato attuale, si attendono ancora indicazioni da parte degli organi istituzionali competenti in ordine ad alcuni aspetti rilevanti della normativa richiamata, oggetto del quesito sottoposto.
Premesso un tanto, in via collaborativa, si esprimono le seguenti considerazioni.
L’articolo 7 citato, al comma 1, dispone che, salvo quanto previsto dall’art. 3, comma 42, della l. 537/1993 
[1], e successive modificazioni, i lavoratori mutilati e invalidi civili cui sia stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa superiore al cinquanta per cento possono fruire ogni anno, anche in maniera frazionata, di un congedo per cure per un periodo non superiore a trenta giorni.
Il successivo comma 2 precisa altresì che detto congedo è accordato dal datore di lavoro a seguito di domanda del dipendente interessato accompagnata dalla richiesta del medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale o appartenente ad una struttura sanitaria pubblica dalla quale risulti la necessità della cura in relazione all’infermità invalidante riconosciuta.
Dalla formulazione della richiamata norma sembra evincersi che la certificazione medica deve comunque attestare la necessità di determinate cure strettamente correlate e attinenti alla patologia invalidante da cui è affetto il lavoratore. Non appare invece essenziale l’indicazione, nella certificazione medica di un preciso periodo temporale in cui effettuare le medesime cure, in quanto il dipendente è obbligato in ogni caso a inoltrare specifica e dettagliata richiesta al datore di lavoro e a produrre successivamente la documentazione attestante l’avvenuta effettuazione delle cure prescritte.
Infatti, il comma 3 dell’articolo in esame stabilisce che il lavoratore è tenuto a documentare in maniera idonea l’avvenuta sottoposizione alle cure.
A tal proposito si osserva che detta documentazione deve essere rilasciata dalla struttura sanitaria competente che ha provveduto ad erogare dette prestazioni, con le consuete modalità di attestazione, secondo la modulistica in uso al Servizio sanitario di riferimento.
L’INPDAP 
[2] ha evidenziato che ‘a garanzia della fruizione del congedo per le effettive ragioni di cura il lavoratore è tenuto, al termine del periodo di trattamento, a documentare in maniera idonea l’avvenuta sottoposizione alle cure stesse‘.
Si ritiene pertanto che, al fine di essere ritenuta ‘idonea‘, la certificazione sanitaria debba far riscontrare che le cure effettuate ed attestate siano attinenti alla patologia invalidante del caso.
Ad ogni buon conto, si sottolinea che la predetta certificazione sanitaria non può essere sostituita da autocertificazione del dipendente interessato, per espressa esclusione disposta dall’art. 49 del d.p.r. 445/2000.
Per analoga motivazione, il dipendente non può altresì presentare un’autocertificazione attestante la propria condizione di invalidità, ma è tenuto ad allegare alla richiesta di fruizione del congedo in argomento la documentazione della competente struttura sanitaria attestante il riconoscimento della riduzione della capacità lavorativa superiore al 50%.
Da ultimo si rappresenta che il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale 
[3], nel richiamare la circolare n. 1/1989 a suo tempo diramata dall’INPS, relativamente all’art. 10 del d.lgs. n. 509/1988 [4], ha precisato che il congedo oggetto della richiamata norma debba riferirsi a cure diverse da quelle idrotermali, elioterapiche, climatiche e psammoterapeutiche disciplinate dall’art. 13 del d.l. 463/1983, convertito dalla l. 638/1983 [5] .
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[1] Detta norma dispone che, salvo quanto previsto dal secondo comma dell’art. 37 del d.p.r. 3/1957, sono abrogate tutte le disposizioni, anche speciali, che prevedono la possibilità per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. 29/1993 e successive modifiche ed integrazioni, di essere collocati in congedo straordinario oppure in aspettativa per infermità per attendere alle cure termali, elioterapiche, climatiche e psammoterapiche.
[2] Cfr. circolare n. 17 del 2011.
[3] Cfr. interpello del 05.12.2006.
[4] Tale articolo, abrogato dal comma 4 dell’art. 7 del d.lgs. 119/2011, prevedeva la concessione di un congedo per cure ai lavoratori mutilati ed invalidi ai quali sia stata riconosciuta una riduzione della attitudine lavorativa superiore al 50 per cento, sempreché le cure siano connesse alla infermità invalidante riconosciuta.
[5] Cfr. anche parere ANCI del 18.11.2013
 
(11.06.2014 – link a www.regione.fvg.it).

da:il portale del tecnico pubblico lombardo

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